Notizia | | 05/09/2025 | Tempo di lettura: ±2 minuti

Il governo statunitense ha revocato il visto del leader palestinese Abbas, impedendogli così di partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si terrà a New York. Inoltre, l’elaborazione delle richieste di visto per gli Stati Uniti presentate dai titolari di un passaporto palestinese è stata sospesa.

Revoca del visto al leader palestinese Abbas

Il ministro degli Esteri americano Marco Rubio ha revocato il visto al leader palestinese Mahmoud Abbas, che non potrà quindi partecipare alla riunione annuale delle Nazioni Unite che si terrà a New York a fine settembre. Abbas avrebbe dovuto guidare una delegazione e intervenire personalmente all’Assemblea Generale. Inoltre, erano in programma colloqui su una soluzione a due Stati con rappresentanti della Francia e dell’Arabia Saudita. Sebbene non sia uno Stato membro delle Nazioni Unite, la Palestina ha lo status ufficiale di osservatore e può quindi intervenire alle riunioni, ma non votare le risoluzioni.

Oltre a quello di Abbas, sono stati revocati anche i visti per gli Stati Uniti di altri 80 funzionari palestinesi. Si tratta di membri dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), sostenitrice della creazione di uno Stato palestinese indipendente, e di membri dell’Autorità Palestinese (AP), l’organo amministrativo che ha l’autorità su alcune parti della Palestina. Secondo Rubio, queste istituzioni minaccerebbero la prospettiva di pace e la revoca dei visti sarebbe necessaria per garantire la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Sospensione delle richieste di visto per i palestinesi

Gli Stati Uniti hanno inasprito le norme sui visti non solo nei confronti dei politici palestinesi, ma anche di tutti i titolari di un passaporto palestinese. Ad agosto, l’amministrazione Trump aveva già annunciato misure volte a sospendere temporaneamente l’elaborazione delle richieste di visto per la maggior parte dei cittadini palestinesi. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha poi inviato una comunicazione a tutti i consolati e le ambasciate statunitensi nel mondo con l’istruzione di respingere le richieste di visto presentate dai titolari di un passaporto palestinese.

Si tratta di richieste dei cosiddetti non-immigrant visas, ovvero visti per soggiorni temporanei negli Stati Uniti con finalità turistica, di studio o d’affari. La sospensione interessa anche le richieste presentate da soggetti con passaporti diplomatici e ufficiali. Le richieste di visti permanenti (immigrant visas) continuano invece a essere processate. I palestinesi che possiedono anche il passaporto di un altro Paese possono ancora richiedere un visto per gli Stati Uniti, ma rischiano di essere respinti se sospettati di avere legami con l’OLP o l’Autorità Palestinese.

Critiche alla decisione

La decisione di revocare i visti di Abbas e di altri funzionari palestinesi ha suscitato numerose proteste a livello internazionale. I portavoce dell’Autorità palestinese hanno già invitato il governo statunitense a revocare la decisione e non sono mancate le critiche da parte di alcuni Paesi europei. Anche la rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, ha esortato gli Stati Uniti a riconsiderare la misura. Secondo Kallas, la decisione del governo statunitense violerebbe il diritto internazionale e gli Stati Uniti, in qualità di Paese ospitante delle Nazioni Unite, non potrebbero rifiutare i visti ai funzionari che desiderano partecipare all’Assemblea Generale. Non è ancora noto quando l’elaborazione delle richieste di visto per i viaggiatori palestinesi sarà ripristinata.

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